Autore archivio: Laura Bertoli

Una interessante definizione di “coach”

Stavo leggendo un articolo di Joshua Miller su Linkedin e sono incappata in questa frase:

“A coach is someone who can give correction without resentment” (John Wooden).

Forse “correction” è un termine un po’ spiacevole e non del tutto appropriato, ma è la mancanza di risentimento l’aspetto che mi colpisce. In effetti è qualcosa che ho sperimentato, sia come coach sia come cochee. Qualcosa di completamente diverso rispetto a quando, per esempio, vorrei “correggere” un comportamento in mia figlia (o forse sarebbe meglio dire che vorrei “guidarla”, che comunque mi dà sempre l’idea di un sostituirmi in qualche modo all’altra persona, mentre il lavoro del coaching si fa in due, in una relazione paritaria). Oppure diverso anche da quando qualcuno mi dà un consiglio e io provo fastidio e un po’ di rabbia per questa soluzione che mi arriva già pre-confezionata, senza avere vissuto la mia difficoltà.

Nel coaching le soluzioni si scoprono insieme, e se c’è vera empatia non c’è imposizione e perciò nemmeno risentimento. Lo stare sullo stesso piano con il cliente rende il coach diverso dalla figura del consulente e anche un po’ più simpatico, diciamocelo. Soprattutto, il coaching fa sentire il cliente vero protagonista della propria vita e capace di prendere decisioni autonome. Non ci sono più scuse né colpe da dare a qualcuno, e anche per questo ogni tipo di rancore svanisce e, se mai, resta solo il perdono.

Se vi fa piacere leggere l’articolo da cui ho tratto ispirazione, eccolo qui:

https://www.linkedin.com/pulse/why-managers-fear-coaching-employees-joshua-miller

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La ruota della vita

C’è un esercizio di coaching che mi piace moltissimo fare, far fare e far rifare più volte per cogliere i progressi che compiamo verso un maggiore benessere e una più grande soddisfazione nei riguardi della nostra vita. Si chiama la ruota della vita (talvolta anche torta, nel lavoro per esempio di Julia Cameron). E’ tanto semplice quanto illuminante: si tratta di dividere un cerchio, generalmente in sei od otto spicchi (o fette di torta), che nomineremo, per esempio, “spiritualità”, “esercizio”, “gioco/creatività”, “lavoro/soldi”, “amici” e “amore/avventura”, andando a coprire tutte le aree rilevanti della nostra vita. Assegniamo poi un punteggio da 1 a 10 ad ogni spicchio, ad indicare il nostro livello di soddisfazione in ogni ambito. Gli spicchi che non raggiungeranno la sufficienza sono quelli su cui dovremo andare a lavorare (eventualmente insieme a un coach) per aumentare il nostro benessere. Periodicamente dovremo fare una revisione dei nostri punteggi e verificare quali sono stati i nostri miglioramenti.

Ho trovato questo bellissimo esempio di ruota della vita (in questo caso viene chiamata ruota dell’equilibrio) tratto da questo articolo di Mallika Chopra… non accontentiamoci di sopravvivere!!!

ruota

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Approcci diversi per insegnare ad andare sui pattini

eecL’ho pescata su una brochure della Scuola Europea di Coaching (EEC) e la trovo una metafora geniale! Cliccate sull’immagine per ingrandirla.

Se volete informazioni sulla scuola: www.scuolacoaching.org

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Il gioco della gratitudine

Due giorni fa un’amica e collega del mio master in coaching, Ilaria Ruggeri (http://ilaria-ruggeri.blogspot.it/) mi ha invitata a fare un esercizio su facebook, che apparentemente somiglia a una delle tante catene più o meno divertenti che girano sui social. Ma, appunto, solo apparentemente: si tratta di scrivere per sette giorni consecutivi sette motivi di gratitudine, nominando ogni giorno altre tre persone in modo da divulgare sempre di più questa buona pratica. Il diario della gratitudine è uno strumento di coaching molto importante e renderlo virale potrebbe davvero portare a grandi cambiamenti. Pensate alle nostre bacheche colme di ringraziamenti all’Universo! Ringraziare è piantare un seme che non potrà che darà un abbondante raccolto. Personalmente ho deciso di continuare questo esercizio a tempo indeterminato, anche perché sta riscuotendo interesse e curiosità e i commenti ricevuti sono spunto di riflessione oltre che un’occasione per sorridere. Anche se non nominerò nessuno dei miei amici sono certa che qualcuno seguirà ugualmente l’esempio, perché è una cosa che inevitabilmente incanta. Vorrei tanto che il risultato fosse una valanga di gratitudine sempre più travolgente! Sono certa che cambiando il nostro atteggiamento verso quelle cose che ci sembrano scontate ma per cui ogni giorno dovremmo sentirci grati, tutta la nostra vita possa cambiare. Soprattutto quando è difficile e ci sentiamo vittime delle circostanze avverse, quando vorremmo una soluzione immediata ai nostri problemi e un “grazie” è l’ultima cosa che ci verrebbe da dire. Ma credetemi, è proprio riscoprendolo, il nostro grazie, che il sistema funziona e le cose cominciano a cambiare.

Come dice sempre Neale Donald Walsch:

Gratitude is the attitude

… non è un gioco, ma qualcosa di molto meglio e di molto più profondamente trasformativo! Da parte mia devo ringraziare Ilaria, non so se l’esercizio l’abbia ideato lei ma di sicuro a me ha fatto un gran bene!

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Risveglia la tua energia creativa!

Lo so, è agosto e siamo tutti con la mente in vacanza. Anche chi è al lavoro si sente comunque più leggero, perché il collega antipatico è in ferie o perché c’è meno traffico sulle strade e si arriva in ufficio più rilassati. L’autunno sembra ancora lontanissimo e non abbiamo voglia di fare progetti. Beh, io uno l’ho fatto, e mi sento proprio di consigliarlo anche a voi: a ottobre parte il Master in Creative Coaching di Accademia della Felicità, un percorso in quattro week-end dedicato allo sviluppo della creatività nel senso più ampio, dalla realizzazione creativa al decluttering, dalla gestione dello stress al diario dei sogni.

La cosa bella è che non è necessario essere un coach per iscriversi, lo possiamo fare anche semplicemente per interesse personale, per un nostro bisogno di sbloccare energie “buone”, o anche semplicemente per fare qualcosa di divertente in buona compagnia (questo è assicurato, parola di chi ne ha già avuta esperienza!). Sia che tu sia uno scrittore fermo davanti alla pagina bianca o una persona con il pallino della crescita personale o ancora un sognatore che vuole trovare la magia nel quotidiano, questo è il tuo corso ideale. E i motivi per iscriversi non sono ancora finiti: è possibile anche partecipare a giornate singole, senza frequentare l’intero ciclo di incontri, quindi con l’opportunità di risparmiare (cosa non da poco con i tempi che corrono!) seguendo soltanto gli argomenti che più ci stanno a cuore. Questa sì che è ottimizzazione ed efficienza! Insomma, non c’è alcun motivo valido per perdere l’occasione.

Io mi ci tuffo, e in vacanza mi pregusterò queste giornate tutte per me!

http://www.accademiafelicita.it/evento-master.asp?titolo=MASTER-IN-CREATIVITA’-(per-avere-una-vita-più-creativa-o-per-sviluppare-la-creatività)&evento=4

Pensateci anche voi!

Buona estate a tutti!

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Il gibberish: un allenamento per la creatività

Avete mai giocato, da bambini, ad inventarvi una lingua inesistente o a far finta di parlarne una senza conoscerla? Io sì, e mi divertivo un sacco! Proprio oggi, seguendo una meditazione di Osho, ho scoperto che in inglese questo si chiama gibberish, e che è un potente esercizio per pulire la mente e per lasciare emergere la nostra creatività. Addirittura viene definito come “metodo scientificamente provato” per liberarci dai condizionamenti.

L’esercizio si compone di quattro parti, ciascuna della durata di cinque minuti: nella prima, appunto, ci si lascia andare liberamente a pronunciare ad alta voce parole e suoni senza senso, mettendo insieme le lettere con la più assoluta fantasia e gioia. Nel secondo step bisogna ridere di cuore, e vi assicuro che, dopo la prima fase di creazione linguistica, viene decisamente spontaneo farlo. Il passaggio successivo è quello di piangere senza ragione (questo non l’ho ancora sperimentato, come inizio mi è stato sufficiente fermarmi alla risata). Infine ci si sdraia immobili per altri cinque minuti, come morti, semplicemente respirando.

Forse perché quello di dare un nome agli oggetti, di dare vita a un linguaggio, è stato il primo atto creativo con cui l’essere umano ha costruito il proprio mondo, ho trovato tremendamente euforizzante e liberatorio giocare con i suoni. Mi sono ricordata come mi sentivo da bambina: come se avessi un segreto che nessun altro poteva capire tranne me. Ma in fondo tutto ciò che esprimevo era semplicemente me stessa: creativa, entusiasta, sconfinata. Quell’essere in espansione che attraverso esercizi di questo tipo possiamo tutti tornare ad essere.

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Coach per caso… o forse no

20140711_165047Mi sembra quasi incredibile adesso, ma ho fatto di tutto per non diventare coach. Non che il coaching non mi interessasse, anzi. Tra il 2012 e il 2013 ho passato mesi a cercare informazioni sulle scuole di formazione, leggevo le pubblicazioni e visitavo i siti dei coach più famosi, ma per più di un anno non me la sono sentita di iscrivermi a nessun corso. Avevo il pregiudizio che queste competenze non potessero essere alla portata di chiunque. Mi ero recentemente laureata in psicologia ed ero abituata, per deformazione “culturale”, a considerare le attività in qualche modo affini alla psicologia come professioni potenzialmente a rischio di abuso di professione. E, sì, avevo anche un po’ paura di lasciare andare queste convinzioni, perché mi sarei trovata su un terreno nuovo, con qualche certezza in meno e un po’ di umiltà in più.

All’inizio di quest’anno, per caso*, ho partecipato a un workshop dell’Accademia della Felicità, che aveva come tema il passaggio dal sogno al progetto. Mi sono resa conto di quanto poco fossi capace di sognare e in quel momento ho deciso di trasformare il coaching nel mio sogno, nella tappa successiva del mio percorso personale. Mi sono iscritta immediatamente al loro master. Inizialmente lo vedevo come uno strumento solo per me, per migliorare la mia vita, per realizzare quei cambiamenti senza cui sarei rimasta bloccata nelle vecchie abitudini e nei vecchi -comodi quanto ormai inutili- paradigmi. Successivamente, più andavo avanti con gli esercizi, più cominciavo a sentire il desiderio di condividere con altre persone quello che stavo imparando. E da qui è nata l’idea di dedicare questo vecchio sito ai miei (e vostri) nuovi sogni, da costruire con gioia e intenzione ancor prima di iniziare a realizzarli. Infatti non è sempre facile capire cosa vogliamo.

Sono grata a questi mesi che mi hanno dato maggiore consapevolezza di me, alle persone con cui ho lavorato e spesso anche riso, ai quaderni fitti di parole, agli incoraggiamenti e ai momenti più tesi. Ho capito che proprio dal non essere necessariamente tra psicologi (e comunque tra persone preparatissime) è nata una sinergia e uno scambio di idee e di flussi creativi. Perché il coach è un professionista con le proprie competenze che lo contraddistinguono, e ognuno può costruirsi un modello diverso, in cui le conoscenze psicologiche rappresentano solo un aspetto.

Mi sento ricca: in un certo senso ho perso tutto e ho guadagnato la Vita.

 

*Non illudetevi mai che qualcosa accada davvero per caso!

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