Archivio Tag: esercizio

La ruota della vita

C’è un esercizio di coaching che mi piace moltissimo fare, far fare e far rifare più volte per cogliere i progressi che compiamo verso un maggiore benessere e una più grande soddisfazione nei riguardi della nostra vita. Si chiama la ruota della vita (talvolta anche torta, nel lavoro per esempio di Julia Cameron). E’ tanto semplice quanto illuminante: si tratta di dividere un cerchio, generalmente in sei od otto spicchi (o fette di torta), che nomineremo, per esempio, “spiritualità”, “esercizio”, “gioco/creatività”, “lavoro/soldi”, “amici” e “amore/avventura”, andando a coprire tutte le aree rilevanti della nostra vita. Assegniamo poi un punteggio da 1 a 10 ad ogni spicchio, ad indicare il nostro livello di soddisfazione in ogni ambito. Gli spicchi che non raggiungeranno la sufficienza sono quelli su cui dovremo andare a lavorare (eventualmente insieme a un coach) per aumentare il nostro benessere. Periodicamente dovremo fare una revisione dei nostri punteggi e verificare quali sono stati i nostri miglioramenti.

Ho trovato questo bellissimo esempio di ruota della vita (in questo caso viene chiamata ruota dell’equilibrio) tratto da questo articolo di Mallika Chopra… non accontentiamoci di sopravvivere!!!

ruota

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Il gioco della gratitudine

Due giorni fa un’amica e collega del mio master in coaching, Ilaria Ruggeri (http://ilaria-ruggeri.blogspot.it/) mi ha invitata a fare un esercizio su facebook, che apparentemente somiglia a una delle tante catene più o meno divertenti che girano sui social. Ma, appunto, solo apparentemente: si tratta di scrivere per sette giorni consecutivi sette motivi di gratitudine, nominando ogni giorno altre tre persone in modo da divulgare sempre di più questa buona pratica. Il diario della gratitudine è uno strumento di coaching molto importante e renderlo virale potrebbe davvero portare a grandi cambiamenti. Pensate alle nostre bacheche colme di ringraziamenti all’Universo! Ringraziare è piantare un seme che non potrà che darà un abbondante raccolto. Personalmente ho deciso di continuare questo esercizio a tempo indeterminato, anche perché sta riscuotendo interesse e curiosità e i commenti ricevuti sono spunto di riflessione oltre che un’occasione per sorridere. Anche se non nominerò nessuno dei miei amici sono certa che qualcuno seguirà ugualmente l’esempio, perché è una cosa che inevitabilmente incanta. Vorrei tanto che il risultato fosse una valanga di gratitudine sempre più travolgente! Sono certa che cambiando il nostro atteggiamento verso quelle cose che ci sembrano scontate ma per cui ogni giorno dovremmo sentirci grati, tutta la nostra vita possa cambiare. Soprattutto quando è difficile e ci sentiamo vittime delle circostanze avverse, quando vorremmo una soluzione immediata ai nostri problemi e un “grazie” è l’ultima cosa che ci verrebbe da dire. Ma credetemi, è proprio riscoprendolo, il nostro grazie, che il sistema funziona e le cose cominciano a cambiare.

Come dice sempre Neale Donald Walsch:

Gratitude is the attitude

… non è un gioco, ma qualcosa di molto meglio e di molto più profondamente trasformativo! Da parte mia devo ringraziare Ilaria, non so se l’esercizio l’abbia ideato lei ma di sicuro a me ha fatto un gran bene!

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Il gibberish: un allenamento per la creatività

Avete mai giocato, da bambini, ad inventarvi una lingua inesistente o a far finta di parlarne una senza conoscerla? Io sì, e mi divertivo un sacco! Proprio oggi, seguendo una meditazione di Osho, ho scoperto che in inglese questo si chiama gibberish, e che è un potente esercizio per pulire la mente e per lasciare emergere la nostra creatività. Addirittura viene definito come “metodo scientificamente provato” per liberarci dai condizionamenti.

L’esercizio si compone di quattro parti, ciascuna della durata di cinque minuti: nella prima, appunto, ci si lascia andare liberamente a pronunciare ad alta voce parole e suoni senza senso, mettendo insieme le lettere con la più assoluta fantasia e gioia. Nel secondo step bisogna ridere di cuore, e vi assicuro che, dopo la prima fase di creazione linguistica, viene decisamente spontaneo farlo. Il passaggio successivo è quello di piangere senza ragione (questo non l’ho ancora sperimentato, come inizio mi è stato sufficiente fermarmi alla risata). Infine ci si sdraia immobili per altri cinque minuti, come morti, semplicemente respirando.

Forse perché quello di dare un nome agli oggetti, di dare vita a un linguaggio, è stato il primo atto creativo con cui l’essere umano ha costruito il proprio mondo, ho trovato tremendamente euforizzante e liberatorio giocare con i suoni. Mi sono ricordata come mi sentivo da bambina: come se avessi un segreto che nessun altro poteva capire tranne me. Ma in fondo tutto ciò che esprimevo era semplicemente me stessa: creativa, entusiasta, sconfinata. Quell’essere in espansione che attraverso esercizi di questo tipo possiamo tutti tornare ad essere.

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