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Approcci diversi per insegnare ad andare sui pattini

eecL’ho pescata su una brochure della Scuola Europea di Coaching (EEC) e la trovo una metafora geniale! Cliccate sull’immagine per ingrandirla.

Se volete informazioni sulla scuola: www.scuolacoaching.org

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Coach per caso… o forse no

20140711_165047Mi sembra quasi incredibile adesso, ma ho fatto di tutto per non diventare coach. Non che il coaching non mi interessasse, anzi. Tra il 2012 e il 2013 ho passato mesi a cercare informazioni sulle scuole di formazione, leggevo le pubblicazioni e visitavo i siti dei coach più famosi, ma per più di un anno non me la sono sentita di iscrivermi a nessun corso. Avevo il pregiudizio che queste competenze non potessero essere alla portata di chiunque. Mi ero recentemente laureata in psicologia ed ero abituata, per deformazione “culturale”, a considerare le attività in qualche modo affini alla psicologia come professioni potenzialmente a rischio di abuso di professione. E, sì, avevo anche un po’ paura di lasciare andare queste convinzioni, perché mi sarei trovata su un terreno nuovo, con qualche certezza in meno e un po’ di umiltà in più.

All’inizio di quest’anno, per caso*, ho partecipato a un workshop dell’Accademia della Felicità, che aveva come tema il passaggio dal sogno al progetto. Mi sono resa conto di quanto poco fossi capace di sognare e in quel momento ho deciso di trasformare il coaching nel mio sogno, nella tappa successiva del mio percorso personale. Mi sono iscritta immediatamente al loro master. Inizialmente lo vedevo come uno strumento solo per me, per migliorare la mia vita, per realizzare quei cambiamenti senza cui sarei rimasta bloccata nelle vecchie abitudini e nei vecchi -comodi quanto ormai inutili- paradigmi. Successivamente, più andavo avanti con gli esercizi, più cominciavo a sentire il desiderio di condividere con altre persone quello che stavo imparando. E da qui è nata l’idea di dedicare questo vecchio sito ai miei (e vostri) nuovi sogni, da costruire con gioia e intenzione ancor prima di iniziare a realizzarli. Infatti non è sempre facile capire cosa vogliamo.

Sono grata a questi mesi che mi hanno dato maggiore consapevolezza di me, alle persone con cui ho lavorato e spesso anche riso, ai quaderni fitti di parole, agli incoraggiamenti e ai momenti più tesi. Ho capito che proprio dal non essere necessariamente tra psicologi (e comunque tra persone preparatissime) è nata una sinergia e uno scambio di idee e di flussi creativi. Perché il coach è un professionista con le proprie competenze che lo contraddistinguono, e ognuno può costruirsi un modello diverso, in cui le conoscenze psicologiche rappresentano solo un aspetto.

Mi sento ricca: in un certo senso ho perso tutto e ho guadagnato la Vita.

 

*Non illudetevi mai che qualcosa accada davvero per caso!

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