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Una interessante definizione di “coach”

Stavo leggendo un articolo di Joshua Miller su Linkedin e sono incappata in questa frase:

“A coach is someone who can give correction without resentment” (John Wooden).

Forse “correction” è un termine un po’ spiacevole e non del tutto appropriato, ma è la mancanza di risentimento l’aspetto che mi colpisce. In effetti è qualcosa che ho sperimentato, sia come coach sia come cochee. Qualcosa di completamente diverso rispetto a quando, per esempio, vorrei “correggere” un comportamento in mia figlia (o forse sarebbe meglio dire che vorrei “guidarla”, che comunque mi dà sempre l’idea di un sostituirmi in qualche modo all’altra persona, mentre il lavoro del coaching si fa in due, in una relazione paritaria). Oppure diverso anche da quando qualcuno mi dà un consiglio e io provo fastidio e un po’ di rabbia per questa soluzione che mi arriva già pre-confezionata, senza avere vissuto la mia difficoltà.

Nel coaching le soluzioni si scoprono insieme, e se c’è vera empatia non c’è imposizione e perciò nemmeno risentimento. Lo stare sullo stesso piano con il cliente rende il coach diverso dalla figura del consulente e anche un po’ più simpatico, diciamocelo. Soprattutto, il coaching fa sentire il cliente vero protagonista della propria vita e capace di prendere decisioni autonome. Non ci sono più scuse né colpe da dare a qualcuno, e anche per questo ogni tipo di rancore svanisce e, se mai, resta solo il perdono.

Se vi fa piacere leggere l’articolo da cui ho tratto ispirazione, eccolo qui:

https://www.linkedin.com/pulse/why-managers-fear-coaching-employees-joshua-miller

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Il gioco della gratitudine

Due giorni fa un’amica e collega del mio master in coaching, Ilaria Ruggeri (http://ilaria-ruggeri.blogspot.it/) mi ha invitata a fare un esercizio su facebook, che apparentemente somiglia a una delle tante catene più o meno divertenti che girano sui social. Ma, appunto, solo apparentemente: si tratta di scrivere per sette giorni consecutivi sette motivi di gratitudine, nominando ogni giorno altre tre persone in modo da divulgare sempre di più questa buona pratica. Il diario della gratitudine è uno strumento di coaching molto importante e renderlo virale potrebbe davvero portare a grandi cambiamenti. Pensate alle nostre bacheche colme di ringraziamenti all’Universo! Ringraziare è piantare un seme che non potrà che darà un abbondante raccolto. Personalmente ho deciso di continuare questo esercizio a tempo indeterminato, anche perché sta riscuotendo interesse e curiosità e i commenti ricevuti sono spunto di riflessione oltre che un’occasione per sorridere. Anche se non nominerò nessuno dei miei amici sono certa che qualcuno seguirà ugualmente l’esempio, perché è una cosa che inevitabilmente incanta. Vorrei tanto che il risultato fosse una valanga di gratitudine sempre più travolgente! Sono certa che cambiando il nostro atteggiamento verso quelle cose che ci sembrano scontate ma per cui ogni giorno dovremmo sentirci grati, tutta la nostra vita possa cambiare. Soprattutto quando è difficile e ci sentiamo vittime delle circostanze avverse, quando vorremmo una soluzione immediata ai nostri problemi e un “grazie” è l’ultima cosa che ci verrebbe da dire. Ma credetemi, è proprio riscoprendolo, il nostro grazie, che il sistema funziona e le cose cominciano a cambiare.

Come dice sempre Neale Donald Walsch:

Gratitude is the attitude

… non è un gioco, ma qualcosa di molto meglio e di molto più profondamente trasformativo! Da parte mia devo ringraziare Ilaria, non so se l’esercizio l’abbia ideato lei ma di sicuro a me ha fatto un gran bene!

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